Oppure, dando seguito al ragionamento iniziato nel post precedente, non potendo risolvere un problema all’interno del modello di pensiero che lo ha generato (Albert Einstein), è necessario cambiare “scatola”, fare un ragionamento out of the box.
In questo caso la scatola in questione è l’intero mondo o, meglio, tutto ciò che comunemente crediamo essere il mondo. Siamo all’interno di un processo auto-generante e auto-celebrante, un labirinto apparentemente senza uscita.
Le scienze che si occupano di realtà e potenziale umano hanno fatto passi da gigante, abbiamo accumulato conoscenze in grado di trasformare radicalmente la concezione del mondo e, ancor di più, della vita e, tuttavia, siamo ancora imprigionati in un processo di sofferente follia che, seppur con modalità aggiornate, sembra ripercorrere sempre le stesse vie.
In verità non è proprio così. Il mondo si sta trasformando in grande rapidità, si tratta di comprendere a quale mondo intendiamo riferirci, poiché potremmo scoprire che ne esistono più “versioni”, più precisamente tanti mondi soggettivi quanti sono gli osservatori coinvolti.
Dalla teoria della relatività di Albert Einstein agli esperimenti che hanno dato forma ai principi di meccanica quantistica, la teoria fisica più accreditata per descrivere il comportamento delle interazioni tra radiazione e materia, è oramai convinzione largamente condivisa sia che la realtà è per alcuni aspetti indeterminabile considerando solo il piano in cui si rappresenta, sia che colui che osserva riveste un ruolo dominante nel processo che la determina.
In termini semplificati, la realtà non è assoluta, ma relativa al punto soggettivo di ogni singolo soggetto osservatore che, osservandola, la determina. Come dire che ognuno “vede” un mondo solo suo o, meglio, che ognuno “crea” un mondo tutto suo in base alle proprie convinzioni di come il mondo dovrebbe essere.
In sintesi, Premi Nobel della levatura di Niels Bohr e Werner Heisenberg, scienziati accreditati quali John Wheeler, Hugh Everett III, Roger Penrose, sono giunti a concludere, attraverso noti esperimenti, che:
- la realtà materiale è la risultanza fra osservatore e realtà osservata
- più le particelle vengono osservate, più sono influenzate dall’osservatore
- il sistema di credenze dell’osservatore determina l’esistenza della realtà nella forma in cui egli si aspetta che sia
- l’atto di una persona che osserva quei possibili potenziali, determina l’attivazione di quello sul quale è focalizzato: in altri termini, semplificando per il nostro uso, quello che pensa o si aspetta di vedere
- poiché ogni realtà potenziale richiede molta energia per potersi manifestare nel mondo della materia, tutte collassano a favore di una, che prendendosi tutta l’energia a disposizione diventa l’unica realtà
- l’universo esiste perché vi è un osservatore.
Queste nuove conoscenze sulle dinamiche di determinazione della realtà offrono la possibilità di una prospettiva out of the box, una possibilità di maturare modelli di pensiero complementari a quello attuale, attraverso i quali poter fare esperienze nuove, nelle quali ognuno ha la possibilità di rappresentare consapevolmente la centralità creativa del proprio mondo di riferimento.
La teoria dell’universo olografico e le conoscenze maturate sul paradigma olografico conosciuto anche come modello cerebrale olografico della funzione cognitiva sviluppato da Karl Pibram (noto scienziato e neurochirurgo) e David Bohm (noto fisico quantistico e filosofo), conducono tutte verso una direzione: la realtà non è “materiale” nella comune accezione del termine.
Max Planck, nel discorso di accettazione del Nobel per la Fisica del 1918, affermò: “Avendo dedicato tutta la mia vita alla scienza più lucida, lo studio della materia, posso affermare questo sui risultati sulla mia ricerca sull’atomo: la materia in quanto tale non esiste! Tutta la materia ha origine ed esiste solo in virtù di una forza che fa vibrare le particelle e tiene insieme quel minuscolo sistema solare che è l’atomo……. Dobbiamo presumere che dietro questa forza esista una mente conscia e intelligente. Questa mente è la matrice di tutta la materia”.
Un raggio laser colpisce le in-formazioni contenute nell’ologramma e l’immagine 3D prende vita ed emerge come dal nulla. In rapporto alla realtà, il raggio di luce laser potrebbe rappresentarsi nella focalizzazione mentale dell’osservatore, mentre le in-formazioni potrebbero essere l’insieme delle idee-convinzioni dell’osservatore fortemente condizionate dalle memorie collettive di tutto ciò che è stato e, potenzialmente, dal potenziale immaginabile di tutto ciò che potrebbe essere. Secondo questa teoria, è all’osservatore a scegliere su quali in-formazioni poggiare il proprio sguardo.
Un’unica complicazione di ordine pratico: sia le memorie a cui ha aderito nel corso della vita sia le convinzioni che da esse si riflettono, risiedono in una globalità dell’essere più vasta di ciò che definiamo conscio, per cui l’osservatore è praticamente inconsapevole della maggior parte di questi due aspetti di sé che, tuttavia, giocano un ruolo così fondamentale nella definizione del suo mondo soggettivamente personale.
Seppur inconsapevolmente, dunque, ogni essere umano in questa visione è il creatore del proprio mondo, il mondo circostante così come lui lo vede, riflesso delle memorie consce, subconsce e dell’inconscio collettivo di cui è riflesso e parte integrata.
L’idea che esista un mondo “reale” all’esterno è, dunque, ciò che lo determina. In effetti la conferma della sua esistenza è fornita al cervello dai sensi del nostro corpo fisico. Una biologia generata, tuttavia, all’interno dello stesso “mondo”, anch’esso pertanto della stessa “materia”. Una pietra ci appare solida e stabile, mentre al semplice esame di un microscopio essa appare un turbinio di particelle in frenetico e costante movimento, uno spazio nel quale vi sono più spazi vuoti che pieni! Nonostante ciò, la nostra biologia, con la quale peraltro ci identifichiamo (come confondere la persona con l’abito che indossa o il tassista con il taxi attraverso il quale si muove), continua a ritenerlo solido e stabile.
Un modello di pensiero che contempla il mondo come un luogo di mezzi finiti genera, di riflesso come uno specchio, un mondo di mancanza e di miseria, dal quale si creano paura di non sopravvivere e sofferenza.
Questo pensiero si somatizza nel mondo materiale, inclusa la nostra biologia stessa di cui è parte. Il DNA che contiene le in-formazioni di come “dobbiamo essere” rappresenta proprio la somatizzazione del modello di pensiero che in esso si rappresenta. Esso contiene le istruzioni sulla forma (in-formazioni) che deve avere il mondo della forma, ciò che comunemente classifichiamo come realtà fisico-materiale, che include anche i nostri tre “corpi terreni”, mentale, emozionale e fisico.
Cambiare modello di pensiero (mentale) significa modificare progressivamente le istruzioni di come il mondo deve essere, espressione riflessa a vibrazione più densa (emozionale, fisico). La modifica del DNA cellulare dei tre piani di esistenza terreni (mentale, emozionale e materiale) rappresenta il processo evolutivo attraverso il quale la cosiddetta realtà evolve. La qualità dunque dei pensieri determina la creazione riflessa di quella specifica qualità, scelta fra gli infiniti possibili potenziali di ciò che comunemente possiamo definire “opzioni di vita”.
Concludendo, infiniti mondi soggettivi multi-dimensionali e multi-spazio-temporali a vibrazione univoca, frequenze identificate in relazione costante e inscindibile con il contesto globale del tutto esistente e potenziale, mondi esteriori che, secondo dati da non trascurare accumulati a sostegno, sembrano essere riflesso del mondo interiore del loro creatore, l’osservatore.
D’altronde, l’illusorietà di “questo mondo” non è forse stata dichiarata da tutte le discipline religiose e spirituali? Si tratta forse solo di considerare le diverse modalità e linguaggi utilizzati, comprenderli cioè semplicemente relativi ai tempi, ai luoghi e al contesto complessivo in cui hanno avuto origine.
2013003